Tribe Generation

Provengono dalla Sicilia e meritano un premio per il nome più simpatico, ma a parte gli spontanei riferimenti verghiani, la loro più grande passione è la canzone italiana. Personali e mai derivativi, i Malavoglia dimostrano un ottima capacità compositiva e di arrangiamento, e potrebbero tranquillamente aspirare a una partecipazione al Festival di San Remo. La voce di Alberto Spoto è limpida e brillante e si fa largo sulla musica con l’estrema sicurezza di un cantante navigato. Traspaiono dai brani influenze rock e progressive, mai sopra le righe, che contribuiscono alla varietà del lavoro. Da segnalare il verismo di “Muschillo” e “Lagnusìa” unico brano in siciliano, nel quale il gruppo riprende i ritmi tradizionali della propria terra, riletti con coscienza e rispetto. Baciamo le mani……

Liberi Tutti

Ecco una band che ha gusto. Brani raffinati, testi discreti e una bella atmosfera di fondo fanno di questo cd una simpatica sorpresa. Da promuovere l’interpretazione di Maschere in vetrina, brano che in certi momenti ricorda le migliori ballate di Finardi. Convincente anche l’incedere serioso di Petali di Rose, pezzo difficile, ma che mette in mostra una notevole maturità compositiva. Aria di musica popolare nella trascinante Canzone del vino, mentre Poche ore è un’ottima ballata che ti conquista ascolto dopo ascolto. In chiusura arriva Figli respinti, impreziosita da una sezione si sax soprano di grande classe. Bravi e originali. Alla prossima….

Rock Sound

Per lo più rock melodico e canzone italiana, questi e non solo i riferimenti della musica dei Malavoglia, nome dall’impegnativa citazione letteraria. I brani si snodano tra riferimenti più o meno leggeri, dalla canzone popolare a Ligabue, da Ruggeri alle mucose atmosfere sanremesi, e nonostante il genere, tanto per usare un eufemismo, non mi affascini, la band siciliana dimostra di sapere fare bene quello che fanno, schivando anche molti luoghi comuni e banalità. Ciò non toglie che continuino a non piacermi.

Il sestetto siciliano dei Malavoglia autodefinisce il proprio stile musicale come "pop-folk-rock". L'indubbia presenza di una preminente attitudine folk che fa quasi pensare ai Modena City Ramblers e un senso melodico non dimentico delle proprie origini confermano quanto affermato dall'ensemble agrigentino. La presenza di un flauto traverso e l'utilizzazione diffusa di tastiere dona spessore e corposità ad un suono che, pur ottenuto con i limitati (immaginiamo) mezzi a disposizione, ha veramente poco da invidiare a gruppi più affermati dei Malavoglia.  Per chi apprezza il genere questa è una realtà da tenere sott'occhio. Una menzione speciale va alla messa in musica del bel testo di Inno..., canto dei prigionieri italiani presso il campo di concentramento di Hessen. Il procedimento compositivo, attenendosi almeno ai credits di Insilenzio, sembra affare privato del chitarrista Massimo Spataro; ma laddove le musiche sono briose e orecchiabili i testi necessiterebbero di una leggerezza pari, se non possibilmente maggiore, alle ariose melodie di brani quali Viaggio Del Poeta o Nenè per fare due esempi a caso. Il cantante Alberto Spoto, pur avendo una voce gradevole, alla fine del disco risulta alquanto monocorde.  Il disco denota comunque personalità e grande confidenza dei Malavoglia con melodie tutt'altro che scontate, ma forse bisognose di una maggiore spensieratezza, non soltanto a livello sonoro ma anche su di un piano concettuale e lirico.